IL CASO RISOLTO DI RITA: la sessione di lavoro

In questo capitolo è mia intenzione esporre un caso pratico, risolto mediante l’utilizzo di Logosintesi. Tra i tanti che ho avuto occasione di trattare in questi anni di pratica con Logosintesi, ho scelto il caso di Rita perché spiega e sintetizza facilmente il concetto di trasformazione delle strutture solidificate (introiezioni e parti dissociate) già presenti nello spazio personale della stessa, emerse ed accesesi a seguito dell'infortunio occorso alla figlia Gaia, ragazzina (oggi quindicenne) che si è trovata a fare i conti con un infortunio parecchio fastidioso circa 2 anni prima del mio intervento di aiuto sulla madre. Verrà dunque presentato il percorso di trasformazione relativo alle innumerevoli reazioni vissute ed esperite da Rita a seguito di sessioni individuali in cui è stata praticata Logosintesi. I protagonisti di questo racconto sono stati informati ed hanno espresso e manifestato il loro pieno consenso alla divulgazione a terzi di quanto narrato. I nomi citati non corrispondono ai nomi reali dei protagonisti. Preciso che Rita è una persona con una spiccata tendenza ad utilizzare il registro percettivo visivo per spiegare e raccontare i fatti e le sensazioni collegate.
Descrivo, di seguito, la simbologia che utilizzerò per esporre in maniera abbreviata le sessioni di lavoro svolte utilizzando Logosintesi:
F1: Recupero tutta la mia energia legata a “X” (attivatore o fantasia) e la riporto al posto giusto in me stessa
F2: Allontano tutta l’energia non mia da ogni mia cellula, dal mio corpo e dal mio spazio personale, legata a “X” (attivatore o fantasia) e la rimando al luogo al quale realmente appartiene
F3: Recupero tutta la mia energia legata a tutte le mie reazioni connesse a “X” (attivatore o fantasia) e la riporto al posto giusto in me stessa
[……..….]: il testo tra parentesi quadre rappresenta i commenti della cliente dopo aver pronunciato le frasi offerte e/o dopo la mia domanda “cosa accade ora?”
D: è la domanda che ho posto di volta in volta durante il lavoro
R: è la risposta ottenuta dalla cliente
SUDS (Subjective Units of Disturbance Scale): Scala delle unità soggettive di disturbo, con intervallo di misurazione da 0 a 10

1° incontro
Rita, una volta seduta comodamente, inizia con il raccontarmi il motivo per cui è qui. Mi parla di un episodio accaduto alla figlia, poco meno di due anni prima, e delle conseguenze che tale episodio ha avuto su di lei, in quanto madre e moglie.
D: perché è qui e come posso aiutarla?
R: sono triste, depressa e sconsolata a causa di un evento che è successo a mia figlia, ho saputo che lei utilizza tecniche particolari per il superamento di traumi e io vorrei essere aiutata.
Inizia il racconto di Rita, che riassumo di seguito.
Siamo alla fine del mese di agosto 2009, Gaia viene accompagnata dai genitori ad una festa in abiti medievali in un piccolo paese di provincia in cui si festeggia il Santo Patrono. I genitori, sarebbero tornati a riprenderla alla fine della festa per fare ritorno a casa. Sul far della sera, durante il rituale della processione nelle strade del paese, con tanto di sfilata in costumi medievali, accade che la ragazza (facente parte dello staff parrocchiale) si ferma nel luogo a lei assegnato per i riti del caso. E’ facile immaginare lo scenario all’interno di questo paese: ci sono ceri e candele su ogni davanzale, torce accese - infilate negli appositi bracci reggi torcia attaccati ai muri delle antiche abitazioni - drappi, tendaggi e stendardi vari. La sventurata ragazza non si rende subito conto che a circa 1 metro sopra la sua testa, nel punto in cui si era fermata, una torcia difettosa ha iniziato velocemente a lasciar cadere cera bollente, mista a resina (sostanza che si sarebbe poi rivelata molto aggressiva a contatto con la pelle), sul suo vestito e, successivamente, sul collo, su una gamba scoperta e sulla testa coperta soltanto da fluenti capelli, provocando ustioni di II e III grado. Per brevità tralascio gli interventi di pronto soccorso e mi limito a riportare che la ragazza è stata sottoposta, nel tempo, a due interventi. Il primo intervento è stato effettuato per risolvere i danni da ustione su gamba e collo ma senza intervenire direttamente sul cuoio capelluto; il secondo è stato effettuato poco tempo prima che Rita decidesse di venire da me ed ha interessato il cuoio capelluto, con l’unico scopo di evitare una calvizie forzata e inevitabile a seguito di quello spiacevole incidente. Relativamente alle altre parti del corpo coinvolte dalle ustioni, la madre non ha evidenziato preoccupazioni particolari sottolineando che la situazione era sotto controllo e che i postumi non sarebbero stati forieri di particolari preoccupazioni. Purtroppo però, gli interventi clinici (soprattutto il secondo) hanno avuto esiti parzialmente positivi e infatti la ragazza, come conseguenza, ha riportato dei veri e propri “buchi” sulla cute, con relative ferite da medicare quotidianamente. Preso atto di questa situazione reale e presente, delle possibili conseguenze immaginabili a lungo termine e degli esiti non propriamente positivi degli interventi, Rita ha deciso di farsi aiutare da me per superare il disagio derivante da queste evidenze.
D: come si sente Gaia in questa situazione?
R: è forte, reagisce e spesso è lei che fa coraggio a me
D: e lei, Rita, come si sente?
Nel fornirmi la risposta, Rita era visibilmente scossa e parecchio rassegnata, come se niente e nessuno potesse ridonarle un sorriso, un afflato di gioia che le permettesse di rivedere sua figlia con gli occhi che aveva prima dell’infortunio. Rita mi ha anche riferito di essersi fatta prescrivere dal proprio medico curante, nell'ultimo mese, un ansiolitico per dormire la notte (momento in cui si verificavano sovente degli episodi di forte ansia) e per poter affrontare la situazione a tutto tondo durante il giorno. In tutto questo racconto, a notevole generare disagio, c’è una chiara evidenza di sensi di colpa in Rita nei confronti di Gaia. Altrettanto evidente è la sensazione di inadeguatezza in cui si trova nelle insolite vesti di infermiera della figlia: ogni giorno Gaia ha bisogno di medicazioni e tali operazioni alimentano continuamente una dimensione di sofferenza che tende a sovrastare e ad imbrigliare le risorse necessarie per affrontare il resto delle attività quotidiane.
Fin da subito, rispettando con naturalezza il metodo acquisito dagli insegnamenti del Dr. Lammers relativamente a “I 7 passi del cambiamento guidato”, durante il racconto dell’evento occorso alla figlia, mi sono premurato di stabilire con Rita un positivo rapporto di ascolto, al fine di creare empatia e dirigersi verso una produttiva e naturale alleanza di lavoro, prestando attenzione alle sue parole, ai suoi stati d’animo e ad ogni altro rivelatore emozionale, con naturale compassione. Al termine del racconto, durato circa 10/15 minuti, ho iniziato a porre alcune domande sulla natura della sua sofferenza e le sue risposte sono state immediate e chiare (nel frattempo, di comune accordo, abbiamo deciso di darci del “Tu”):
D: cos’è che ti fa soffrire di tutta questa vicenda?
R: non è giusto che una ragazzina si comprometta esteticamente per una cosa del genere; non ci dormo la notte, mi sento in colpa perché è una ragazza molto responsabile e attenta e non si merita tutto questo; Gaia ha delle cicatrici in testa, ora lei è diversa dalle sue amiche e non può fare quello che fanno loro, come andare al mare o in piscina, ha solo 15 anni…; se non l’avessi lasciata andare a quella festa, tutto questo non sarebbe successo.
D: cosa hanno detto i medici che l’hanno assistita e seguita?
R: non ho più fiducia nei medici che l’hanno operata e che la vorrebbero operare di nuovo per rimediare al primo danno fatto, non ho più fiducia in nessuno.
D: in che modo si manifesta la tua sofferenza?
R: piango spesso e la situazione in famiglia è triste perché non riesco ad essere un punto di riferimento per Gaia come invece vorrei. Sono un po’ piena…
D: e Gaia cosa prova nel vederti così?
R: lei è ottimista e reagisce bene a questa condizione perché è una ragazza sempre positiva, a volte è lei a consolare me… ma temo che prima o poi scoppi.
D: conoscevi già questa condizione oppure è nuova per te?
R: ehhh… non ce la posso più fare a svolgere il ruolo di infermiera… mi sono già trovata in situazioni simili, tra ospedale e casa, in occasione della morte dei miei genitori, avvenuta due anni prima dell’incidente di Gaia, prima è mancata mia madre e due mesi dopo mio padre; è stato difficile perché tutto si è rovesciato su di me…
D: di quelle esperienze passate, cosa stai rivivendo adesso con Gaia?
R: è un incubo, sono da sola e mi sento diversa, due anni fa reagivo, mi facevo coraggio… oggi non ce la faccio. Sono triste, piango spesso, vorrei solo svegliarmi da questo brutto sogno.
D: tuo marito come vive questa situazione?
R: lui tende a starne al di fuori, non che non si interessi… ma tocca sempre tutto a me!
Avendo esplorato le sensazioni di sofferenza con la meta domanda A (ovvero le modalità di sofferenza di Rita), ho iniziato un percorso di esplorazione delle cause più profonde di queste reazioni palesate e dell’insofferenza verso l’infortunio stesso e verso i segni reali che aveva lasciato sul corpo di Gaia (meta domanda B). Ed ecco che sono emersi i primi dettagli visivi e olfattivi e le prime fantasie riguardanti ciò che sarebbe potuto essere rispetto a ciò che è realmente stato (gli attivatori):
l’espressione del viso triste di Gaia;
i buchi sulla testa che sono ancora “vivi” e vanno medicati ogni giorno;
quella “pelle aperta” in testa e il pus misto a sangue che fuoriesce dalle crosticine;
le chiazze chiare della cute liscia e senza capelli, che resteranno per sempre così e che forse potranno essere coperte solo da falde di capelli riportati con un’apposita pettinatura;
l’odore del disinfettante e degli altri prodotti medicali, tipo la crema "Nivea" applicata ogni sul collo per evitare infiammazioni dovute all’utilizzo di una ciambella stretta intorno al collo che Gaia indossa per dormire.
Avendo constatato la notevole struttura stratificata di questa problematica, ho ritenuto opportuno rendere edotta la cliente di quello che sarebbe stato il processo di lavoro intrapreso insieme. Ho spiegato brevemente il concetto di introiezione come mondo congelato, utilizzando semplicemente un bicchiere d’acqua (che tengo sempre a portata di mano per il cliente), muovendolo all’interno del mio spazio personale, mostrandoglielo come una struttura rigida, tridimensionale, bloccata nello spazio personale in un qualche tempo passato. Poi sono passato a spiegare il concetto di attivatore (i 5 sensi) e di successiva reazione all’introiezione. Ho mostrato la figura 6 al fine di spiegare il concetto di “dissociazione primaria” e “secondaria” (definite anche con i termini “Personalità Emotiva” e “Personalità Apparentemente Normale”). Il cliente ha sorriso manifestando un grande desiderio di recupero dell’espressione mostrata nell’icona di sinistra in figura 6.


Figura 6
Ho ritenuto importante preparare il cliente al cambiamento e quindi ho spiegato alcuni concetti legati alla “natura del cambiamento” a seguito di un processo di recupero energetico delle parti di sé rimaste congelate nel tempo e nello spazio personale, utilizzando la metafora dello “scalda piatti” e quella già citata del “salame” (o del cetriolo), entrambe mutuate dal Dr. Lammers durante i suoi seminari. Infine, abbiamo stabilito un obiettivo da raggiungere. Rita ha espresso il suo obiettivo esattamente con queste parole: “desidero cambiare il mio atteggiamento nei confronti di questo evento, da negativo a positivo. Voglio essere presente a me stessa!”.
Forse un po’ generico, ma era il massimo che lei poteva offrire a se stessa (e a me) in quel momento. Da adesso in poi Rita era in possesso di tutte le informazioni riguardanti il percorso che avremmo esplorato e praticato insieme durante le successive sessioni di lavoro che, di comune accordo, avremmo effettuato con cadenza settimanale, sino al raggiungimento dell’obiettivo dichiarato.
Prima di congedare Rita ho praticato la Logosintesi su alcuni attivatori che accendevano un reale disagio nell’immediato ritorno a casa dalla figlia. E quindi ho chiesto a Rita di chiudere gli occhi e di esplorare il suo spazio personale al fine di individuare il disturbo principale nel qui ed ora. Una volta individuato, ho offerto le seguenti frasi di Logosintesi:
F1 “Immagine dell’espressione triste di Gaia di fronte a me” (SUDS pari a 10) [si è sfocata l’immagine…] --- F2 --- F3 [non riesco più a trovare l’immagine…. Com’è possibile? (sorriso disteso, N.d.A.)]
D: come immagini Gaia adesso?
R: com’è di solito, fiduciosa e determinata…
D: cosa ti disturba adesso se pensi alle medicazioni che stasera dovrai fare?
R: l’odore del disinfettante...
F1 “l’odore del disinfettante” [mi ricorda l’ospedale in cui si trovava mia madre] --- F2 --- F3 [strano a dirsi, ma non riesco più a ricordare quell’odore… bisognerà vedere cosa succede stasera quando farò di nuovo le medicazioni a Gaia!]
Facendo le opportune verifiche con un’attenta esplorazione nel suo spazio personale, ho notato subito un cambiamento di espressione generale in lei. Quell’immagine di sua figlia triste, con i vari dettagli annessi e connessi relativi ai punti da 1) a 5) dell’elenco riportato in precedenza, se n’era andata. La mia domanda è sorta spontaneamente: “chi ti ricordava quell’espressione triste?”
La sua risposta è stata altrettanto chiara: “ho rivisto in Gaia l’espressione del viso di mia mamma quando era malata”. Ho offerto di nuovo le 3 frasi dopo aver valutato l’introiezione con una SUDS pari a 6.
F1 “immagine del volto perso di mamma distesa sul letto” [mi sta salendo l’ansia, tipo quella che provavo quando andavo a trovarla con la speranza di vederla viva] --- F2 [va meglio] --- F3 [non la vedo più e l’ansia non c’è più!]
D: possiamo fermarci qui per oggi?
R: direi di sì, grazie… ma tutto questo è duraturo oppure torna?
D: sperimentalo e poi riferiscimi. Tieni presente il concetto di introiezione che ti ho spiegato prima. Adesso quali sono le tue reazioni nei miei confronti e nei confronti della sessione appena svolta?
R: mi sento a mio agio, trovo sia incredibile che anche ora, se provo a visualizzare sia Gaia che mia madre, non trovo quelle immagini dolorose che mi hanno accompagnato fino a qui... sono molto fiduciosa, mi avevano detto che questa tecnica era molto efficace!
Il primo incontro è terminato dopo alcuni minuti di elaborazione e di comprensione consapevole del processo in atto. Rita se n’è andata con la speranza viva di poter cambiare le sue reazioni nei confronti della figlia, del suo problema e di se stessa, ben consapevole di aver stipulato un contratto con me e con se stessa. Le ho consigliato di prendersi il tempo per far sì che il nuovo livello di consapevolezza raggiunto oggi, manifestasse i primi risultati, di appuntarseli e di farmeli conoscere la prossima volta che ci saremmo incontrati.
Ogni volta che ho incontrato Rita nelle sessioni successive, ho notato che il suo umore ha sempre virato da uno stato malinconico e tendenzialmente depressivo ad uno più sereno, soddisfatto e presente finché, nella penultima sessione, si è stabilizzato definitivamente. Infatti l’ultimo incontro è stato utile e necessario per confermare e stabilizzare il nuovo livello di consapevolezza raggiunto. Ma andiamo con ordine.
2° incontro
Durante il secondo incontro ho trovato Rita piuttosto arrabbiata a causa degli scarsi miglioramenti della figlia a seguito delle cure mediche prescritte. A peggiorare le cose, mi ha evidenziato l’esistenza una ferita i cui punti di sutura hanno ceduto e sono saltati formando un buco pieno di pus. La settimana successiva avrebbe dovuto accompagnarla ad una visita dal Professore che l’aveva operata la seconda volta. Rita era convinta che quell’operazione fosse stata sbagliata perché non vedeva i progressi promessi dal medico, bensì una diversa realtà: le chiazze si stavano allargando anziché restringersi e i capelli non ricrescevano dove avrebbero dovuto, secondo quanto assicurato dal medico. Dopo aver verificato una buona stabilizzazione del lavoro effettuato nella sessione precedente, ho offerto nuove frasi sui principali attivatori della rabbia di oggi, e precisamente:
F1 “le parole rassicuranti del medico” --- F2 “allontano l’energia del medico connessa alle sue parole rassicuranti………… e la rimando al suo vero Sé” --- F3 [ho la convinzione forte che abbia sbagliato l’operazione, la cosa non mi spaventa troppo ma mi genera un po’ di ansia]
D: cosa te lo fa credere?
R: è una sensazione legata ai risultati che non ci sono rispetto a quello che ci ha prospettato lui. Le ferite dovevano chiudersi, ma la pelle è ancora aperta sulla testa, anzi peggiora!
D: cosa ti disturba di questa realtà di fatto?
R: che se i buchi non guariscono, è un casino perché Gaia resta con le chiazze in testa… è giovane… ha tutta la vita davanti…
D: questa possibilità ti genera ansia?
R: sì
D: quanto stress ti provoca, da 0 a 10, vedere ancora quella pelle aperta sulla testa?
R: il fatto che Gaia abbia subito l’infortunio e abbia quelle chiazze, mi disturba meno rispetto alla volta scorsa in cui venni qui. Ciò che mi disturba ora è proprio la vista di quella pelle aperta… e comunque mi disturba a 8 (SUDS, N.d.A.).
F1 “immagine della pelle aperta sulla testa” [vedo in profondità] --- F2 [vorrei che tutto questo fosse già finito] --- F3 [è proprio un buco netto sul cuoio capelluto!]
Ho di nuovo offerto le frasi sulla nuova definizione del dettaglio emerso:
F1 “questo buco netto nel cuoio capelluto, e tutto ciò che rappresenta” --- F2 --- F3 [vedo Gaia con la testa in basso quando le medico le ferite e lei si lamenta]
F1 “immagine della testa di Gaia giù in basso” --- F2 [in effetti, sto pensando che non è cambiato nulla nella vita di Gaia, si sono soltanto allungati i tempi di convalescenza dopo le operazioni]--- F3 [sono abbastanza rassegnata a questo stato di cose]
D: come ti fa sentire questo stato di cose?
R: mi rendo conto che posso solo aspettare che le cure facciano il loro corso e che se sono tranquilla io, anche la ragazza è più serena…
Nel frattempo, il valore della scala SUD relativamente all’immagine della testa di Gaia e della pelle aperta, è sceso sensibilmente: tra il 3 e il 4. L’ansia è scesa di conseguenza.
D: cosa vorresti cambiare di questa situazione?
R: vorrei non averla mandata a quella processione, non sarebbe successo nulla.
Individuata questa fantasia, già emersa nella sessione precedente ma non trattata per mancanza di tempo, ho offerto queste frasi:
F1 “fantasia che se non l’avessi mandata alla processione, tutto questo non sarebbe successo” [mi sento in colpa] --- F2 --- F3 [sono più tranquilla, ma ho un limone nella pancia]
D: come sai che è lì? Conosci questa sensazione?
R: lo sento, mi ricorda un periodo della mia vita in cui cambiammo casa io e Roberto (il marito, N.d.A.), prima che nascesse Gaia.
D: questo limone è una reazione a chi o che cosa?
R: lo conosco già, mi ricorda la luce di Via Da Vinci a Viareggio, dove abitavo prima… quando la vita era luminosa…
F1 ” luce di Via Da Vinci a Viareggio e tutte le sue rappresentazioni e significati” --- F2 [sognavo di avere una casa come quella in cui sono cresciuta] --- F3 [sto bene dove abito adesso, l’ho scelta io! (sorridendo) però a Viareggio ci stavo bene…]
D: che ne è del limone nella pancia?
R: non lo sento più… com’è possibile?
D: possiamo tornare al tema della sessione o preferisci proseguire su quest’ultima tematica emersa?
R: no, semmai la prossima volta se serve… andiamo avanti.
D: come passerai la serata?
R: vorrei essere una buona mamma sempre, anche in questa situazione in cui faccio pesare un po’ a lei le mie menate mentali…
F1 “rappresentazione della parte di me che si sente una cattiva mamma” --- F2 [faccio quello che posso fare amorevolmente…] --- F3 [sì dai, ce la posso fare!]
A questo punto ho offerto la frase F4 “armonizzo tutti i mie sistemi a questo nuovo livello di consapevolezza” e le ho consigliato di ripeterla di tanto in tanto durante la giornata e nei giorni successivi, a mo’ di esperimento, per capire che tipo di reazioni avrebbe esperito.
A fine sessione, Rita non era più arrabbiata e nemmeno ansiosa e infatti ci siamo congedati serenamente con un ritrovato motivo per andare a casa e fare le veci dell’infermiera con minor fatica rispetto al momento in cui si era presentata da me.
3° incontro
Nella terza sessione ho incontrato una Rita molto più rilassata e meno “vittima” delle ferite sulla testa della figlia e di tutto ciò che ne conseguiva. In compenso, a seguito della visita dal medico che aveva operato la figlia, la seconda volta, era piuttosto arrabbiata e delusa dall’esito di quell’incontro: il medico ha ammesso di aver sbagliato l’operazione sulla testa di Gaia sottovalutandone le conseguenze. Come a volersi far coraggio di questo stato di cose, Rita mi ha subito rassicurato dicendomi che ha reagito meglio di quello che credeva infatti, dopo una visita dal suo medico di famiglia, avvenuta il giorno successivo alla seduta precedente di Logosintesi, ha diminuito sensibilmente l’utilizzo dell’ansiolitico che le era stato prescritto a suo tempo. E questo fatto la rendeva molto fiduciosa e desiderosa di andare avanti nel processo di cambiamento e di recupero della sua consapevolezza perduta a causa di quel fatidico infortunio.
Dopo una rapida verifica del lavoro svolto nella sessione precedente, averne valutato la stabilità con domande mirate e dopo aver constatato i primi livelli del cambiamento in lei, abbiamo intrapreso un nuovo breve colloquio relativo alla natura del cambiamento. A quel punto, la sua attenzione si è subito rivolta alla figlia e alle privazioni cui era sottoposta a causa delle precauzioni sempre attive sulla sua testa ferita e maculata e sul danno che le ferite stesse le avevano provocato. E tutto questo era ancora motivo di stress sommato a quello derivante dall’infausta diagnosi del medico di Firenze di cui sopra.
Ho chiesto a Rita di individuare i motivi principali di sofferenza di oggi e sono emersi i seguenti items:
espressione del medico di Firenze mentre si scusava, palesemente in difficoltà, per aver sbagliato la diagnosi che aveva condotto a quel tipo di operazione e a quel casino sulla testa di Gaia;
i consigli del medico a favore di una nuova e più efficace operazione sul cuoio capelluto di Gaia garantendo egli stesso la totale e gratuita assistenza alla ragazza;
i tempi di guarigione lunghi, da cui sono riemerse le esperienze già vissute con la madre e il padre;
il sentirsi da sola, poiché il marito non interveniva “tecnicamente” sul capo della figlia;
Le reazioni principali sono state descritte come:
la paura che non ci fossero rimedi per risolvere quella calvizie indotta;
un senso di colpa ancora lievemente presente
Ho offerto le frasi iniziando dal punto 1, dopo averle consigliato un’attenta esplorazione del suo spazio personale.
F1 “l’espressione del medico che si trova in alto rispetto a me e tutti i suoi significati e rappresentazioni” --- F2 “l’energia del medico di fronte a me……… e la rimando al suo vero Sé” --- F3 [avverto distacco nell’immaginare di nuovo il colloquio con il medico; mi disturba ancora vederlo mentre visita Gaia e le tocca la testa… dottore incompetente…!]
F1 “Immagine del medico dietro a Gaia mentre la sta visitando” --- F2 [l’immagine è poco nitida] --- F3 [mi sento decisamente meglio]
D: quali reazioni hai adesso rispetto a questo ricordo?
R: Mi sento molto più distaccata e non troppo dipendente dal parere di quel medico anche se ha sbagliato tutto.
D: cosa potrebbe fare adesso il medico?
R: niente.., ha già fatto fin troppi danni, ho apprezzato la sua disponibilità ma anche Gaia non è disposta a sottoporsi ad un nuovo intervento. Però sono felice che abbia ammesso la sua colpa.
Ho sondato il disagio relativo alla convinzione che fossero necessari tempi lunghi per portare Gaia a poter rivivere una vita normale insieme alle sue amiche.
D: cosa te lo fa pensare?
R: me lo hanno detto e l’ho già verificato…
D: chi te l’ha detto?
R: i medici… soprattutto l’ultimo, quello che ha sbagliato!
Rita mi ricorda che la figlia ha trascorso le due estati passate, con un foulard in testa per evitare il formarsi di nuove vesciche, non ha potuto fare il bagno né al mare né in piscina a differenza delle sue amiche. Dopo aver verificato una SUDS pari a 8, ho offerto le seguenti frasi:
F1”le parole del medico ‘serve lungo tempo per guarire’” --- F2 --- F3 [spero bene che si sia sbagliato sui tempi così come si è già sbagliato sull’intervento]
F1 “convinzione che la vita di Gaia sia già compromessa dall’infortunio” [(leggero sorriso) Gaia è determinata, ha detto che quando è maggiorenne riprenderà in mano questo problema per capire se nel frattempo la medicina avrà fatto passi in avanti] --- F2 [pensavo ad altro…. La mente mi è andata su mio marito, mi secca che non mi aiuti molto in queste operazioni mediche] --- F3 [non la sento più mia questa affermazione, la medicina fa passi da gigante!]
Interessante la considerazione emersa dopo F2 riguardante il marito Roberto, ho approfondito e ho offerto di nuovo le seguenti frasi:
F1 “rappresentazione dell’atteggiamento sfuggente di Roberto quando è in casa” [lo faceva anche quando eravamo fidanzati, lo conosco bene ormai….] --- F2 “allontano l’energia di Roberto legata alla rappresentazione del suo atteggiamento sfuggente….” [mi si è aperto un mondo di immagini varie…] --- F3 [me lo sono sposato e sapevo di questo suo atteggiamento, però ha anche tanti lati positivi]
D: e il senso di colpa adesso come lo percepisci?
R: sai, certamente se non ci fosse stata a quella processione, forse non sarei qui, ma nelle trascorse settimane mi sono resa conto che è perfettamente inutile stare attaccati a questo discorso. Ormai è successo, voglio levarci le gambe prima possibile e col danno minore…
D: in quanto genitore, quanta colpa hai per ciò che è accaduto?
R: non saprei. Mi fa strano dirlo, ma in questo momento non ho sensi di colpa per quello che è successo e ti voglio ringraziare per come mi sento in questo momento. E poi, Gaia ci teneva tanto a partecipare a quella processione… poteva accadere a chiunque. Mica abbiamo lasciato nostra figlia in mano di nessuno!?!?
Niente male come risposta, considerando che soltanto due settimane prima era dimessa, esasperata e senza speranze positive in merito al futuro di sua figlia. Chiari ed evidenti segnali di una cornice di riferimento che si sta trasformando verso una dimensione più fluida, in cui c’è un maggior apporto di energia resa disponibile grazie al lavoro fatto con Logosintesi. Ho trovato una persona molto più distaccata emotivamente da ciò che era accaduto e molto più presente nel qui ed ora.
A questo punto, ho offerto la frase F4 e ci siamo congedati.
4° incontro
In occasione di questo quarto incontro, Rita arriva da me molto sorridente e rilassata e inizia a raccontarmi alcuni episodi che le sono accaduti con le colleghe di lavoro e con il marito Roberto. Il tema centrale è l’attenzione posta a favore della netta virata dell’usuale stato emotivo un po’ amorfo, verso uno stato decisamente più sereno e centrato, percepito anche dalle persone attorno a lei. E su questo si è ritenuta profondamente soddisfatta e, ancora, parzialmente incredula. Così, un po’ per gioco e un po’ no, le ho subito offerto questa frase:
F1 “fantasia che tutto questo sia temporaneo prima di ricadere nel solito baratro” --- F2 --- F3 [intanto mi godo questi bei momenti!].
Subito dopo, abbiamo iniziato col tirare le somme del lavoro svolto sino ad oggi durante le sessioni. Nonostante, nel corso del lavoro, si siano interposti diversi fatti importanti, quali:
una visita medica dall’esito non positivo, in cui sono emerse le responsabilità del medico e di una diagnosi forse troppo superficiale;
l’evidenza di una certa staticità della condizione di miglioramento delle chiazze sulla testa di Gaia ;
la previsione di tempi assai lunghi per una stabilizzazione delle condizioni generali delle ferite da ustione, in leggero disaccordo rispetto alle aspettative di Rita e Roberto,
ho incontrato una persona sorridente, positiva, più distante dalle problematiche della figlia e in vena di racconti piacevoli riguardanti la stessa. Può sembrare insolito, ma ogni qualvolta si modifica la cornice di riferimento nel soggetto, si assiste ad un diverso approccio alla vita. Rita mi riferisce che da qualche giorno, mentre effettua le solite medicazioni sulle ferite, sia lei che Gaia canticchiano canzoni e si parlano di più, si confidano. Il tutto scorre con una rinnovata leggerezza. Mi parla di un ritrovato clima sereno in casa ringraziandomi per l’aiuto offerto. Adesso anche il sonno è tornato ad essere definitivamente buono e riposante. L’immagine (e l’evidenza) di quella pelle che molto, molto lentamente si sta cicatrizzando, e tutti i significati ad essa associati, non disturba più, l’umore è buono e pure Roberto ha, per la prima volta, iniziato a medicare la figlia sotto la supervisione della moglie.
Rita mi riferisce anche che le sue colleghe di ufficio la trovano “rinata”, con loro non ha più difficoltà a raccontare ciò che concerne le conseguenze dell’episodio occorso alla figlia, a riviverne le scene e le rappresentazioni. Una vera e propria conquista considerando che fino a poche settimane prima era un argomento foriero di grandi sofferenze e stati depressivi. Un altro dato confortante che Rita mi narra, è la totale sospensione dell’ansiolitico da parte del medico di famiglia, avvenuto da qualche giorno. Essa mi riporta questo commento da parte del suo medico di famiglia: “ma cosa hai fatto? Sei un’altra persona!”
Durante queste piacevoli condivisioni verbali, emerge ancora un rimasuglio di dubbio nella sue mente: sarò all’altezza di mantenere questo stato di serenità anche nei mesi a venire?Ho un po’ di paura di ricadere nei soliti atteggiamenti pessimisti…. Dopo aver ancora una volta parlato per qualche minuto di cosa è la natura del cambiamento e di come si manifesta a seguito di un processo di recupero energetico, le ho offerto queste frasi:
F1 “parte di me che crede ancora di non farcela” --- F2 --- F3 [mi sento fiduciosa, so che ce la farò, ma mi rendo conto che spesso ho bisogno di lamentarmi, un po’ perché ancora mi sembra impossibile di aver cambiato così tanto e così velocemente il mio atteggiamento verso questa brutta vicenda]
D: quando è successo, nella tua vita, che non ce l’hai fatta?
R: quando sono dovuta andare dal medico a farmi prescrivere le goccine dopo la prima operazione di Gaia… ero depressa e senza forze.
D: qual è la cosa peggiore che ti può succedere se non dovessi farcela di nuovo?
R: non ci voglio pensare (sorride, N.d.A.), che deve mai succedere più di così?
La conversazione si è rivolta al suo ruolo di mamma e alla tendenza che spesso ha nel volersi sostituire alla figlia, soprattutto nelle sofferenze di costei, avviando vere e proprie immaginazioni. Rita nutre un leggero timore sul fatto che Gaia abbia ancora bisogno costantemente di qualcuno che le possa controllare la situazione in testa. Rita vorrebbe che la figlia lo facesse da sola, che diventasse del tutto autosufficiente.
F1 “fantasia che Gaia stia soffrendo in silenzio” --- F2 [forse mi sto preoccupando più per me che per lei…] --- F3 [penso di aver capito che mi stai smontando un bel po’ di certezze… in effetti, con mia madre anch’io ho sofferto spesso in silenzio per non essere un peso ulteriore alla sua sofferenza]
Le ho chiesto di ripensare all’esperienza ospedaliera di sua madre, negli ultimi mesi di vita.
D: dov’è adesso tua madre nel tuo spazio personale?
R: ce l’ho di fronte a me.
D: cosa cattura la tua attenzione?
R: la sua sofferenza, aveva le ossa che si frantumavano. Mi sono chiesta spesso quanto ancora doveva durare tutta quella sofferenza. Poi è finita.
D: come sai che stava soffrendo?
R: bastava starci a contatto per capirlo…
D: e più precisamente?
R: dall’espressione del viso e da come stava sul lettino d’ospedale.
D: c’è un particolare su cui cade la tua attenzione?
R: la bocca….
D: dove si trova? Mostramelo con la mano.
R: qui davanti a me, leggermente in basso…
F1”immagine della bocca davanti a me in basso” --- F2 --- F3 [ora mi colpiscono i suoi lamenti]
F1 “ricordo dei suoi lamenti” --- F2 [mio padre invece è stato in sé fino in fondo nonostante sia morto a causa di un melanoma] --- F3 [c’è la sua figura distesa nel letto…..]
D: quanto ti disturba da 0 a 10?
R: 4
F1 “immagine di mamma distesa nel letto” [ha sofferto tanto] --- F2 --- F3 [a volte mi chiedo come ho fatto a farcela da sola a superare queste due morti avvenute in poco tempo]
D: ti disturba ancora l’immagine di tua mamma?
R: no, è svanita.
D: come lo sai?
R: non la vedo più!
D: la senti?
R: non più.
D: dov’è adesso nel tuo spazio personale?
R: non la trovo…
D: e Gaia dov’è?
Rita fa un sorriso spontaneo e mi risponde così: “è a casa a studiare che domani ha il compito di matematica ed era tutta preoccupata!”
D: adesso sei all’altezza di mantenere questo livello di presenza nel qui ed ora?
R: al momento sì, se dovessi avere nuove crisi ti farò sapere e ritornerò.
D: quanto ti spaventa il presente, in questo momento?
R: non sento la paura, sono fiduciosa che troveremo un rimedio per Gaia.
D: sei ancora una pessima mamma?
R: no dai… faccio quello che posso fare…
D: Cosa ti dicono adesso le ferite che Gaia ha in testa?
R: Le ferite di Gaia mi dicono…. Che è stata sfortunata ma che, al tempo stesso, può imparare da questa lezione ed essere una ragazza più forte e determinata.
D: possiamo fermarci qui?
R: direi di sì, ma quindi non ci vediamo più???
D: abbiamo raggiunto l’obiettivo che avevamo stabilito? (le ho riletto l’obiettivo che lei stessa aveva dichiarato circa un mese prima)
R: eh sì (sorridendo, N.d.A.), davvero… a volte non mi sembra vero però io so come sto ora! E ti dico grazie ancora una volta…
F4, per questo nuovo livello di consapevolezza raggiunto, verificato e sperimentato.
5° incontro
Rita è tornata da me circa un mese dopo l’ultima sessione del nostro lavoro. È stata lei a telefonarmi per chiedermi un nuovo incontro al fine di raccontarmi i piccoli “grandi” progressi che aveva fatto sua figlia riguardo all’accettazione del suo problema che, a sentirne parlare adesso, pareva fosse una cosa di poco conto. L’ho trovata completamente rilassata, sorridente, molto presente a se stessa. E’ emersa la fierezza di questa donna che finalmente ha saputo ritrovare la propria essenza in relazione allo spiacevole evento che 2 anni prima aveva colpito il suo affetto più caro. Obiettivo pienamente raggiunto, dunque. Rita e Gaia adesso proseguono il loro lavoro per cogliere il massimo risultato possibile da una condizione fisica ed emotiva che oggi è facilmente spiegabile con una frase del tipo “son cose che possono succedere ai ragazzi” piuttosto che, come accadeva all’inizio del lavoro con Logosintesi, puntare continuamente l’attenzione sulla drammaticità dell’infortunio e delle sue conseguenze irreversibili su Gaia.
La frase che rappresenta il nuovo stato emotivo e (ed energetico) di Rita è stata questa: Adesso vedo di nuovo la bellezza degli alberi e della natura, che non riuscivo più a cogliere. Due giorni dopo quest’ultima seduta, il marito Roberto mi ha inviato questo messaggio, sul telefono: Volevo ringraziarla per l’ottimo lavoro che ha fatto su Rita. Roberto.

A distanza di diversi mesi mi è capitato di incontrare Rita per le vie della nostra città e l’ho trovata così come l’ho lasciata: sorridente e serena. Ogni volta non ha mai mancato di ringraziarmi e di ricordarmi il suo stupore nel verificare come le immagini, i rumori, gli odori, relativi all’intera vicenda della figlia, fossero così strettamente collegati tra loro e fornissero gli elementi per alimentare una struttura emotiva inutile, limitante e che troppo spesso faceva soffrire.
Concludo con un simpatico aneddoto: a poche settimane dall’ultimo incontro con Rita, mi ha telefonato un’amica di una sua collega d’ufficio la quale mi ha chiesto di fare una (o più) sedute per aiutarla a superare un problema legato ad un lutto avvenuto molti anni prima, poiché aveva sentito parlare di un cambiamento eccezionale in Rita… e infatti ci siamo incontrati, abbiamo fissato l’obiettivo da conseguire e iniziato a lavorare. Ma questa è decisamente un’altra storia.

Estratto dalla tesina di Fabio Pierotti