Un sabato mattina vengo telefonicamente contattato da una cliente, che chiamerò MARIA, che mi chiede un aiuto per la sua amica “LUCIA”, la quale, senza volerlo, ha ucciso il suo gatto ed è “disperata”; (testuali parole: la mia amica è disperata e continua a piangere da quando ha ucciso il suo gatto).Questa cliente mi chiede se mi è possibile ricevere con urgenza la sua amica Lucia, (possibilmente quel giorno stesso anche se di sabato), dato che, testuali parole: “sta malissimo, da 4 giorni non dorme; non chiude occhio da quando ha ucciso il suo gatto”.

Questa cliente mi dice anche che lei ha raccontato all’amica angosciata e che stava male, di come io l’avevo aiutata a superare in fretta il dispiacere per la morte del suo cane (su mia domanda al telefono testualmente mi ha detto: “le ho raccontato che attraverso quelle frasi che lei mi ha fatto dire in 2 sedute mi è rimasto solo l’affetto per il mio cane senza però più sentire alcun dolore, e la mia amica le chiede di aiutare anche lei o almeno di provarci dato che sta troppo male).

A questo punto, toccato dall’accorata richiesta di aiuto di Maria, tramite lei ho fissato un appuntamento per il sabato pomeriggio per la sua amica Lucia, chiedendole di accompagnarla in studio da me per potermela presentare direttamente. Ho valutato che la sua presenza poteva essere preziosa nella fase iniziale dell’incontro al fine di creare più velocemente un’alleanza positiva con la sua amica Lucia.

Nota bene: prima della seduta, ben consapevole delle mie “fantasie su quanto dolore Lucia potesse provare”, fantasie collegate al fatto che ho un cagnolino a cui sono assai affezionato, ho applicato su di me le frasi di Logosintesi prima della seduta con lei),

Durante l’incontro che è stato definito come di “incontro mirato alla sua specifica richiesta di aiuto”, ho applicato in modo forse particolare i “7 passi del Cambiamento Guidato”.

Più specificatamente:

Creare un’alleanza positiva

Anche se ho valutato che fosse una procedura “particolare”, (al fine di aiutarmi a creare un’alleanza positiva in tempi molto brevi) ho chiesto alla mia Cliente di rimanere con noi fino a quando la sua amica Lucia si sarebbe sentita più “tranquilla e al sicuro”, cosa che è avvenuta dopo pochi minuti. In sintesi:

  1. Ho valutato che il lasciar scegliere a Lucia quando la sua amica Maria poteva andarsene, l’avrebbe rassicurata sul fatto che comunque lei avrebbe potuto mantenere un controllo rassicurante sulla situazione;
  2. Maria avrebbe potuto sintetizzare alla presenza mia e di Lucia cosa, come e in che modo, secondo lei io avrei potuto aiutare la sua amica Lucia, (riducendo fin da subito eventuali promesse irrealistiche o fantasie improprie). Infatti Maria ha subito detto che con le mie tecniche, (ovvero mediante la Logosintesi), avrei potuto liberare la sua amica Lucia dal dolore e dai “turbamenti” attraverso le frasi che avrei potuto farle dire, come peraltro avevo fatto già con lei in relazione a diversi eventi e in particolare alla morte del suo cane. Ciò mi ha permesso di sottolineare a Lucia che:

A) avrei utilizzato una tecnica basata sul liberare le emozioni negative che possono bloccare le persone in determinate situazioni (assimilabili alla sua);

B) che non potevo garantire alcun risultato;

C)   che l’aspetto molto importante della tecnica, che le avrei poi brevemente spiegato, era il ripetere determinate frasi e poi “lasciarle agire senza avere fretta o interferire nel loro effetto” ;

D) che, poichè non ci conoscevamo e avevamo uno spazio temporale limitato, le avrei spiegato le cose fondamentali lasciando alle sue domande eventuali altre necessità di conoscenza che lei avrebbe poteva avere;

E) che in qualsiasi momento e senza necessità di spiegazione avrebbe potuto sospendere, interrompere o rimandare il trattamento;

F) che avrei iniziato facendole fare una “prova conoscitiva di quella tecnica” su una sua problematica attuale al fine di permetterle di valutare se secondo lei quella tecnica “creata da un geniale psicologo olandese e che tante volte era già stata utilizzata con successo su eventi luttuosi” (frase volutamente detta al fine di creare un’aspettativa positiva) poteva esserle di aiuto;

G) che avremmo lavorato con molta calma e senza fretta, affidando a lei la valutazione dei risultati (verifica soggettiva SUDS successiva alle frasi.)

Dopo di ciò Lucia ha detto che era pronta a iniziare, e che la sua amica Maria poteva prima aspettare in sala d’attesa per cinque o dieci minuti prima di andarsene.

A quel punto abbiamo iniziato la “seduta a due” e lei ha subito raccontato, fra le lacrime, che stava malissimo, che era piena di dolore e di sensi di colpa, che da 4 notti praticamente non dormiva più anche perché il gattino che lei aveva da una settimana, e che le era stato regalato dal figlio, era morto proprio mentre lei chiudeva il divano letto in cui era solita dormire (lei si era spostata circa 1 mese prima dalla camera da letto al divano-letto del soggiorno per l’ampiezza e luminosità della stanza e per la gradita presenza di una finestra da cui vedeva un bel panorama alberato).

Dato che Lucia ha iniziato a piangere “a dirotto”, ho iniziato subito a ricercare con poche domande ciò che le causava “quel pianto”, ponendo solo 3 domande, dato che volevo tenerla nello stato di dolore il meno possibile. Ovvero:  D1)  –  dove sente nel corpo questo dolore? D2) Cosa lo causa in questo momento questo dolore? D3) Dove è posizionato nel suo spazio ciò che causa questo dolore?

Lucia subito mi ha detto:

  • Dove sente nel corpo questo dolore? Risposta: nel cuore e nella pancia; 2) – Cosa lo causa in questo momento questo dolore? Risposta: “l’immagine del gattino stritolato nel meccanismo di chiusura del divano letto; 3)  – Dove è posizionato nel suo spazio personale l’immagine dà questo dolore? Risposta: davanti a me a destra. A quel punto senza neanche farle l’intensità emozionale del suo stato, (era evidente che eravamo a livelli di SUDS 9 o10), le ho spiegato telegraficamente:
  • La funzione delle frasi che le avrei fatto ripetere (servono per scaricare il dolore e per lasciare andare ciò che lo mantiene in essere);
  • la necessità di lasciar agire in silenzio le frasi “finché le sue palpebre spingono  per aprirsi” ; o finché le viene da fare un grande respiro profondo; o sente una situazione di rilassamento o maggior leggerezza unito alla voglia di aprire gli occhi.

Poi in sequenza le ho fatto ripetere la prima frase dicendole: Ho una frase per lei,  “Recupero tutta la mia energia legata all’immagine del gattino stritolato nel meccanismo di chiusura del divano letto e la riporto al posto giusti in me stessa”.

Poi le ho fatto ripetere per ben tre volte la frase. Devo riconoscere che non è stato un processo logico quello che mi ha portato a prendere questa decisione di farle ripetere la prima frase, ma la netta sensazione che ho avuto che fosse necessario oltre che utile per lei ripeterla.

Dopo aver detto la prima frase, il pianto di Lucia è diventato sommesso, dopo averla ripetuta la prima volta, è rimasto solo un po’ di singhiozzo; dopo averla ripetuta per la seconda volta Lucia si è visibilmente rilassata, pur mantenendo un’espressione ancora triste ma senza pianto.

  1. A quel punto le ho fatto definire il SUDS rispetto a prima di dire la prima frase e il riscontro è stato di “un dolore e una tristezza dimezzati, anche se sento ancora la mancanza del gattino, però non sento più né angoscia né disperazione”.
  2. Poi le ho fatto dire la 2a frase “Allontano tutta l’energia estranea legata all’immagine del gattino stritolato nel meccanismo di chiusura del divano letto da ogni mia cellula, dal mio corpo e dal mio spazio personale e la rimando là dove veramente appartiene”. Ho atteso che la frase agisse e al termine di un periodo di almeno due minuti, la Paziente ha fatto un grande respiro e, aprendo gli occhi, ha detto subito in modo riconoscente grazie e poi ha fatto un toccante sorriso di sollievo (entusiasmante magia della Logosintesi!) dicendomi: va molto meglio, grazie, va davvero molto meglio! Giunti a quel punto, dopo averle fatto fare una stima in termini di SUDS, stima che ha valutato con intensità pari a 2 o 3, e dopo aver ricostruito che all’inizio del trattamento il suo SUDS era, testuali parole di Lucia, in una scala da 0 a 10 era pari a 20dopo la prima ripetizione della frase è diventato 6 o 7, per poi arrivare dopo la seconda ripetizione della frase (a un livello di stress percepito) non superiore a 2 o al massimo 3.
  3. Riconosco che per me è stata una seduta molto impegnativa e stressante da tenere, dato che, ricordo, mi sono trovato a lavorare con le frasi su un dolore molto forte in una paziente che non avevo mai visto prima di quell’incontro e che per di più era totalmente priva di ogni esperienza o conoscenza di Logosintesi.
  4. Poi molto sollevato dall’andamento della sessione, le ho detto: “Lucia ho un’altra frase per Lei. La frase è: Recupero tutta la mia energia legata a tutte le mie reazioni all’immagine del gattino stritolato nel meccanismo di chiusura del divano letto e la riporto al posto giusto in me stessa”. Dopo circa un minuto di attesa Lucia ha riaperto gli occhi facendo un sorriso di sollievo.
  5. Dopo averle spiegato in modo semplice il funzionamento delle frasi, le ho chiesto: a che ora va a dormire di solito? Lei ha risposto, verso mezzanotte, al che io: “immagini di essere a casa ….. ormai è già mezzanotte e decide di andare a dormire ….  Ovvero le ho fatto fare una “proiezione nel futuro”, proiezione che ha permesso di scoprire che non era ancora possibile per lei andare a dormire nel suo divano letto dato che “se penso di andare a dormire nel divano letto, vedo gli occhi del gatto che mi guardano con quella luce di accusa“.

Quell’immagine la faceva sentire in colpa (SUDS 7/8), cosa che le impediva prima di tutto di potersi sdraiare nel divano letto e in seguito di poter prendere sonno.

Giunta a quel punto ha fatto un lungo racconto sul senso di colpa che provava e sulle fantasie e convinzioni che aveva elaborato in seguito all’evento luttuoso, fantasie e convinzioni che in sintesi erano:

  • Il gatto era un dono del figlio e lei lo aveva ucciso;
  • Non aveva saputo avere cura né dell’animale che ormai tanto amava, né del regalo che le aveva fatto il figlio;
  • Con la sua stupida incuria aveva inferto anche al figlio un grande dolore;
  • Avrebbe potuto essere felice con quel gatto se solo fosse stata attenta.

Fra  esse quella che la faceva soffrire di più (senso di colpa 7-8) era “non ho saputo avere cura del gattino che tanto amavo, né del regalo che mi ha fatto mio figlio”.

Questo senso di colpa aveva:

  • come luogo di percezione: tutto il petto;
  • come attivatore: l’immagine degli occhi del gatto che mi guardano con quella luce di accusa..
  • Come localizzazione spaziale: l’immagine era posizionata davanti a lei in alto nel suo spazio personale.

Individuato ciò, le ho fatto dire le tre frasi basate su l’immagine degli occhi del gatto che guardano con quella luce di accusa, valutando poi il SUDS che è passato a cinque dopo la prima frase, tre dopo la seconda frase e zero successivamente alla terza frase.

Poi, nella fase di commento e verbalizzazione successiva alla ripetizione delle frasi e al successivo periodo di elaborazione delle stesse, lei ha modificato radicalmente le proprie elaborazioni facendo molte e precise riflessioni ed elaborando importanti considerazioni (e insight) quali: “Mi rendo conto solo adesso che quel gattino era proprio scatenato, si infilava dappertutto, era instancabile argento vivo, io pensavo che fosse in cucina davanti alla sua ciotola, chi poteva immaginare che si sarebbe infilato, e per di più non visto, nel divano? E come avrà fatto ad infilarsi proprio nel meccanismo laterale è proprio un mistero! E chi poteva pensare che potesse andare a nascondersi nel divano invece di zampettare per casa come faceva sempre? Ed io che ero convinta che fosse ancora in cucina. Aveva ragione mio figlio quando diceva “mamma come puoi pensare che dovevi stare più attenta ….. si sa che al mattino siamo ancora assonnati e poco lucidi …… era destino evidentemente che il gatto finisse così …… mio figlio soffre se vede me stare male e non per il gatto ….. “.

Lucia a quel punto stava molto ma molto meglio, eravamo ormai in seduta da più di un’ora e mezza e quindi, dopo aver verificato che ancora non era pronta a dormire nel divano letto, (davo per certa la presenza nel suo spazio personale di un altro importante attivatore – che le impediva di dormire nel letto – ma consideravo “rischioso e temerario trattarlo subito” essendo oltretutto ormai anche un po’ stanchi), le ho proposto di tornare il lunedì successivo per un’altra seduta finalizzata a proseguire e, se si riusciva, completare il lavoro svolto, consigliandole anche di:

  • Non costringersi a dormire e a “richiudere” il suo divano letto;
  • Parlare se voleva con Maria del trattamento senza però citare o andare a ricordare gli aspetti su cui le avevo fatto dire le frasi.

N.B.: a fine seduta ho evitato sia di andare a ricercare l’attivatore sopra menzionato, sia di darle la quarta frase, dato che, anche se il livello di stress e di sofferenza era sceso enormemente, ho ritenuto intempestivo oltre che rischioso proseguire la sessione sentendo che Lucia non era ancora del tutto “energeticamente a posto” permaneva ancora:

  • un certo disagio all’idea di dormire in quel letto o del richiuderlo;
  • una certa paura del fare magari dei brutti sogni o dell’addormentarsi tardi o svegliarsi senza riuscire a riposare realmente.

Il lunedì Lucia è arrivata che sembrava veramente un’altra persona rispetto a quella conosciuta sabato: riposata, distesa, rilassata e ottimista.

Dopo avermi raccontato che aveva dormito magnificamente nelle ultime 2 notti e che si era sentita molto più leggera ed allegra, tant’è che era anche uscita a cena con Maria e con un’altra amica, passando una serata allegra e quasi spensierata, le ho chiesto dove avesse dormito (“in camera da letto, non me la sono sentita di dormire nel divano-letto”) e a quel punto ho iniziato mediante le meta-domande A e B a ricercare ciò che la bloccava rispetto al dormire nel divano letto.

E, in sintesi, ho cominciato a fare domande del tipo:

  • “cosa le impedisce di dormire nel divano letto ? Risposta: non saprei, disagio, timore, un senso vago ma forte di paura;
  • Cosa le ha impedito di chiudere occhio nei giorni scorsi? Stessa risposta: non saprei, disagio, timore, un senso vago ma forte di paura;
  • E se dormisse nel divano c’è qualcosa che le può impedire di “chiudere occhio” ? (espressione testuale che Maria ha riferito che Lucia usava)? R.: Proverei timore e un forte disagio. D.: Dove lo sentirebbe? R.: Nel petto e alla bocca dello stomaco. E quanto è forte? R.: è forte, cinque o sei almeno. E chiudendo gli occhi mentre rimane connessa con questo forte disagio, D,: Lo sente? R,: Sì è molto forte adesso. Bene, e da quale parte dello spazio che è intorno a lei, arriva quel disagio Lucia? …… E così via fino a che Lucia ha ricordato che c’era una macchia di sangue sotto il divano letto (che evidentemente qualcuno aveva pulito) ma che lei ora ricorda distintamente. A quel punto ho potuto riscontrare che il disagio avvertito, che era diventato ancora più forte, veniva attivato proprio da quella macchia rossa di sangue sotto il letto.
  • Perciò ho detto a Lucia: ho una frase per lei: Recupero tutta la mia energia legata all’immagine della macchia rossa di sangue sotto il letto e la riporto al posto giusto in me stessa”; dopo circa 1 minuto Lucia ha aperto gli occhi e ha potuto valutare che la sua reazione a quel ricordo (la macchia nel frattempo era diventata piu sfocata e lontana) era pari a 3/4. Al che le ho fatto dire la 2° frase: “Allontano tutta l’energia estranea legata all’immagine della macchia rossa di sangue sotto il letto da ogni mia cellula, dal mio corpo e dal mio spazio personale e la rimando là dove veramente appartiene. Lucia dopo non meno di un paio di minuti ha aperto gli occhi e valutato che l’intensità dello stress che evocato da quel ricordo (la macchia nel frattempo è diventata ancora più sfocata, scura, indistinta e lontana) era pari a 1 o 2.

A quel punto dico ho detto: Lucia ho un’altra frase per lei: Recupero tutta la mia energia legata a tutte le mie reazioni all’ immagine della macchia rossa di sangue sotto il letto e la riporto al posto giusto in me stessa. Dopo circa trenta secondi di silenzio Lucia ha riaperto gli occhi facendo un sorriso soddisfatto e dicendo “è come se la macchia fosse stata risucchiata via”, non c’è più. Adesso vedo sotto il letto che è tutto pulito e anche il meccanismo di chiusura è pulito. L’immagine mi lascia praticamente indifferente!

Quindi  in seguito all’effetto della Logosintesi Lucia ha:

  • Percepito il suo Spazio Personale come completamente ripulito da quel lutto;
  • Si è perdonata e assolta per ciò che era successo;
  • In modo congruente ha iniziato a fare i seguenti commenti: “E chi poteva immaginare che il gatto andasse a infilarsi di nascosto nel meccanismo”, “posso riprendere la mia vita e magari più avanti prendermi un altro gatto”; “ieri sono riuscita a parlare con mio figlio, e poi anche con la sua ragazza con grande tranquillità” …. Come non mi succedeva da anni.

A quel punto le ho detto: Lucia, ho un’altra frase per lei, ”Adatto tutti i miei sistemi ai cambiamenti in corso e a questa consapevolezza”.

Dopo circa un minuto Lucia ha aperto gli occhi dicendo “adesso sto davvero bene e mi sento anche forte ed energica”.

Dopodiché, dopo aver fatto una “proiezione nel futuro in cui apriva il divano letto, vi dormiva, guardava al mattino dal letto il panorama che poteva vedere dalla finestra per poi chiudere come faceva prima il letto; ci siamo lasciati con l’accordo che quando se la sarebbe sentita di dormire nel divano l’avrebbe fatto mi avrebbe mandato un messaggio raccontandomi come stava.

2 giorni dopo Lucia mi ha mandato un messaggio, e poi telefonato, per dirmi: la ringrazio davvero, è bellissimo per me la mattina guardare nuovamente gli alberi dal divano letto. Ho dormito proprio bene e, anche se ho chiuso di fretta il divano letto, comunque adesso mi sento tranquilla e sicura. La chiamo fra un mese come d’accordo per raccontarle come va, anche se penso che andrà proprio bene. Maria aveva ragione sul metodo che usa e sulle frasi che fa dire. La ringrazio di cuore. Lucia

Proprio oggi, a distanza di circa 20 giorni dalla fine del trattamento, ho incontrato la sua amica Maria, la quale mi ha detto che Lucia sta molto bene, dorme regolarmente e non ha più avuto nessuno dei problemi che l’avevano condotta da me.

 

Mio Breve Commento Finale:

Nel corso delle due sedute è stato fatto un attento lavoro di ricerca sugli “attivatori e sulla localizzazione degli stessi nello spazio personale di Lucia.”

Ad inizio seduta ho definito chiaramente che non le avrei chiesto notizie anamnestiche o di altra natura, ma che, conformemente al mandato di Lucia, mi sarei “limitato” a lavorare sul suo tema attuale, quello del dolore, del lutto, della disperazione, senso di colpa, ecc., e così ho fatto.

Forse avrei potuto ottenere lo stesso risultato con la PNL o con EFT, ma ritengo che in termini di velocità e profondità, umanità e rispettosa vicinanza, Logosintesi mi ha permesso di stare accanto a Lucia sofferente con più rapida efficacia, grazie all’equilibrata forza e presenza insite nelle frasi e in quei silenzi, silenzi che sono stati così opportuni e produttivi nell’aiutarla ad uscire “dal blocco di energia congelata in cui si era, suo malgrado, ritrovata costretta e intrappolata”.

E pensando a quanto detto dal dr W. Lammers (in LOGOSINTESI 2.0) “Il processo di elaborazione del lutto può dirsi concluso quando non viene più sottratta energia al presente”, ho valutato come soddisfacente il risultato delle sessioni fatte a Lucia.

Essa è, infatti, ritornata a vivere più liberamente nel presente proprio grazie alla Logosintesi, tornando ad essere una donna energica e sintonica nel suo presente, che è passata dal dolore, angoscia e senso di colpa a una decisamente migliore presenza e possibilità di vita, dopo essersi lasciata alle spalle le scissioni, introiezioni e dissociazioni sopra descritte.

Grazie Logosintesi.

Estratto dalla Tesi del Dr.  Armando Pintus